Mi godo questo campo, dono di un contadino che ha scelto di non coltivare per quest’anno. I Papaveri sono infiniti, i Fiordalisi possenti, le Senapi selvatiche allegre… l’aroma del Cumino colpisce i miei sensi e un po’ li stordisce; per riprendermi annuso una magnifica pianta di Camomilla e osservo le api felici succhiarne il nettare, anch’io mi perdo nella sua essenza… scorgo delicate Viole tricolori, ne porto una alla bocca, ed improvvisamente torno bambina, il suo sapore mi ricorda le caramelle alla cannella che un’amica di famiglia era solita portarmi dall’America. Noto anche alcune piante di grano, non sono state coltivate di proposito, ma i suoi semi sono sopravvissuti a coltivazioni passate; le loro spighe superano di tre volte le dimensioni di quelle del campo-lager non troppo distante, fa riflettere.
Il misterioso contadino forse lo ignora, ma la scelta di lasciare il suo campo a riposo ha reso felici moltissime persone. Da un paio di mesi sono solita nascondermi tra la vegetazione quando sento arrivare gente, per osservare le loro reazioni di fronte a questo paesaggio selvaggio, emozioni felicemente rubate.
Alcuni si soffiano il naso, non so se per l’allergia o per l’emozione. Esclamazioni di gioia, risate, cani che corrono con i bambini e bambini che corrono con i genitori, magnifico. Sconosciuti che si incontrano e condividono questo insolito mare tinto di rosso e blu, altri ancora restano come sospesi, in silenzio a contemplare… chissà quali pensieri corrono veloci nelle loro menti… Anziani, adulti e giovani, questo campo non ha età. Sento parole di meraviglia alternate alla nostalgia per le campagne di una volta. “Campi così sono un dono tristemente raro ormai” sento dire più volte. Rassegnazione alternata a rabbia, “maledetti diserbanti e pesticidi!”, urla qualcuno.
Basta poco, pensateci, un anno di riposo, e la natura torna ad esprimersi con rinnovato vigore. Delicatezza e forza allo stesso tempo, questo è quello che il campo mi trasmette, ed è consolante; i suoi abitanti naturali si sono ripresi ciò che gli spetta, ma anche perché il misterioso contadino ha usato le maniere dolci. Solo una terra sana e sufficientemente naturale è in grado di produrre tanta bellezza. Il campo ora è a riposo, chissà per quanto. Se in autunno il terreno sarà arato dolcemente, la prossima primavera mi aspetto di ritrovare un paesaggio simile a quello che vi ho descritto, altrimenti comincerebbero ad arrivare altre inquiline selvatiche. Molto probabilmente Achillea, Trifoglio, Piantaggine e Carota selvatica comincerebbero a insediarsi tra Papaveri e Fiordalisi… poco alla volta, inizierebbe una competizione silenziosa fra le diverse ‘erbacce’, un progetto naturale ricco di sorprese. Comunque sia, sarà uno spettacolo interessante.
Non sono contro l’agricoltura, sia chiaro. E’ grazie al duro lavoro di agricoltori genuini che molte piante spontanee trovano spazio, così come amo la frutta e la verdura della nostra tradizione. Sono per l’armonia fra uomo e natura. Ma i tempi sono cambiati e sento il bisogno di scrivere. I profumi e i sapori stanno lasciando spazio a colori innaturali e forme perfette. I campi sono troppo perfetti, troppo misurati, le piante tutte uguali, di erbe selvatiche nessuna traccia. Troppo mais, troppo davvero. L’altro giorno un contadino mi ha raccontato che il fieno da noi comincia a scarseggiare, che spesso deve comprarlo dalla Spagna. Questo perché i nostri prati stanno scomparendo o perché il fieno non rende abbastanza, colpa delle politiche agricole ed economiche che rischiano di annientare il nostro Bel Paese. A bordo di questi campi-lager strisce di erba bruciata, risultato di un’attenta opera di diserbo. Tanto accanimento che non trova giustificazione alcuna dal mio punto di vista. Sono contro l’agricoltura dominata da sostanze tossiche e di sintesi, sono contro le macchine che uccidono il terreno anziché accarezzarlo.
Cerco di spiegare alle persone l’importanza delle erbe ‘infestanti’ dal punto di vista biologico ed ecologico (a questo proposito vi consiglio di leggere ‘la rivoluzione del filo di paglia’ di Masanobu Fukuoka), spiego che quasi tutte le erbe spontanee possono essere cura e nutrimento, se lo si vuole, e pubblico periodicamente ricette con ingredienti selvatici per mostrare che parlo consapevolmente. Parlo, parlo tanto lo so, ma perché ho tante cose da dire. Ciò che a me sembra scontato, per me che la natura la osservo tutti i giorni, per altri giustamente non lo è. Non basta un documentario, un articolo o un discorso a tavola per comprendere quello che sta succedendo, per pensare a delle soluzioni giuste per le proprie esigenze e per un’agricoltura sostenibile. Bisogna osservarla la natura, guardarla da vicino. Riappropriarsi di conoscenze perdute e farle nostre sposandole con idee nuove, nate dall’esperienza sul campo. Ora un campo tutto mio lo sto cercando, perché ho una gran voglia di sperimentare dopo anni di osservazione.
Vi ho invitato a leggere un libro, quello di Fukuoka, perché penso che possa aiutarvi a comprendere che esistono molteplici approcci, che non tutto quello che ci viene promosso e consigliato è giusto. Per quel che mi riguarda, vi confesso che ho scelto di non leggere altri libri sull’agricoltura biodinamica, biologica o quant’altro. Davanti al mio campo, un po’ come fece Fukuoka a suo tempo, osserverò la natura, cercherò di comprendere i suoi segnali senza condizionamenti, e di inserirmi nel suo ciclo ricavando uno spazio tutto mio, al pari dell’Achillea o della Carota Selvatica che bussano alla porta dei Fiordalisi e dei Papaveri. Le erbe saranno mie alleate e competitrici allo stesso tempo, perché anch’io merito la mia nicchia ecologica, ma in una partita che vuole essere il più possibile alla pari. Trabocco di idee, sarà un casino. Sbaglierò e imparerò dai miei errori, certa che se i miei pomodori non cresceranno potrò comprarli dal vicino, e intanto mangerò felicemente l’Amaranto o lo Spinacio selvatico; al mio vicino porterò qualcosa di speciale fatto con le mie mani per ricambiarlo.
Nel mentre, nell’attesa di trovare il mio campo, ho scelto di scrivere queste righe, seguendo un impulso spontaneo, come mio solito. La ragione principale è che un giorno spero di incontrare il misterioso contadino di persona, di ringraziarlo per le emozioni che mi ha regalato, e per consegnarli una lettera. Questo articolo scritto a mano, come si faceva una volta…