Gli Egizi, ed ancor più i grandi bevitori del passato, ne esaltavano le straordinarie virtù terapeutiche ed erano soliti coltivare il carciofo a scopi alimentari e medicamentosi. Il consumo del carciofo si rivela prezioso in caso di disturbi di origine epatica, intossicazioni, infezioni delle vie urinarie e in caso di obesità e ipercolesterolemia. Grazie ad un principio attivo chiamato cinarina infatti, il carciofo stimola la produzione e l’espulsione della bile facilitando la digestione dei grassi e svolgendo nel contempo un’azione protettrice nei confronti del fegato; le foglie sono fortemente diuretiche ed agiscono sui reni facilitando il drenaggio delle tossine. La parte del carciofo che noi consumiamo abitualmente in cucina è l’infiorescenza immatura, e quelle che chiamiamo erroneamente ‘foglie’, che sono dure, croccanti e con una potente spina all’estremità, non sono altro che bratee fiorali, ossia foglie modificate che accompagnano e proteggono l’infiorescenza. A scopi terapeutici è all’utilizzo delle foglie vere e proprie che si fa riferimento, ossia le grandi foglie che creano un voluminoso cespuglio e che crescono alla base e lungo i fusti fiorali che portano le infiorescenze. Le foglie del carciofo rappresentano la parte più interessante perché è in esse che si concentrano maggiormente i principi attivi contenuti nella pianta. Unico problema: il loro gusto è assai sgradevole… son talmente amare che quasi certamente al primo assaggio compariranno una serie smorfie poco felici sul vostro volto. Ma allora perché essere masochisti mi direte voi? Beh… perché i loro benefici sono innumerevoli! Andate nella sezione ricette per vedere le istruzioni su come preparare un potente infuso di foglie in grado di depurare il vostro organismo.
Direi che non servono molte informazioni per descrivere questa pianta che siamo soliti coltivare o acquistare per cucinare un’enorme varietà di piatti gustosi e nutrienti. L’infiorescenza, se lasciata maturare, si apre lasciando comparire innumerevoli e bellissimi fiori color blu-violetto caratteristici di tutti i cardi, selvatici e non.
Anche se il carciofo non si trova allo stato spontaneo, molti suoi parenti selvatici popolano le campagne e i prati delle zone più calde del Mediterraneo. In effetti è da una specie di cardo selvatico, il Cynara cardunculus, che si crede abbia avuto origine la variante coltivata che con essa condivide sapore, principi attivi e proprietà.
L’infiorescenza del carciofo viene comunemente cucinata come contorno, per primi piatti, sformati, fritti sfiziosi etc… Il cuore del fusto fiorale, se privato della parte esterna più coriacea, è piuttosto dolce e si presta bene per pinzimoni, oppure può essere tagliato a rondelle e cucinato insieme all’infiorescenza. Le foglie sono poco gradevoli al palato, ma estremamente utili come medicamento per il fegato e per i reni. Si consiglia di consumarle fresche sotto forma di infuso.
Prezioso in caso di disturbi di origine epatica, intossicazioni, infezioni delle vie urinarie e in caso di obesità e ipercolesterolemia. Grazie ad un principio attivo chiamato cinarina, il carciofo stimola la produzione e l’espulsione della bile facilitando la digestione dei grassi e svolgendo nel contempo un’azione protettrice e antiossidante nei confronti del fegato; la cinarina è anche in grado di abbassare i livelli di colesterolo nel sangue. Le foglie sono fortemente diuretiche ed agiscono sui reni facilitando il drenaggio delle tossine. Come il Topinambour, anche il Carciofo appartiene alla famiglia delle Asteraceae, e di conseguenza presenta alte quantità di inulina, un oligosaccaride di riserva tipico delle Asteraceae in grado di favorire la digestione, aumentare la percentuale di Bifidobacteria nella flora microbica intestinale, e nel contempo diminuire la densità di batteri nocivi. I sali minerali principali sono il Sodio, il Potassio, il Fosforo e il Calcio. Sono presenti anche discrete quantità di vitamine del gruppo B e vitamina C.
Per garantire una crescita rigogliosa delle piante si usava concimare i Carciofi con la cenere: da qui il nome scientifico 'Cynara scolymus'. Come tutti i cardi, i fiori del carciofo contengono chimosina, una sostanza impiegata per cagliare il latte.