John Ruskin, scrittore, pittore e poeta inglese dell’800 lo definiva così: “Un fiore intensamente semplice, intensamente floreale. Tutto seta e fuoco, un calice scarlatto tagliato perfettamente tutto intorno, si vede da lontano in mezzo alle erbe selvatiche come un carbone ardente caduto dagli altari del cielo. Non è possibile immaginare un tipo di fiore più completo, più genuino e assolutamente puro; dentro e fuori tutto fiore. Nessuna limitazione di colore dappertutto, nessuna esteriore volgarità, nessun segreto interiore; aperto al sole che l’ha creato, finemente rifinito sopra e sotto, fin giù al più estremo punto d’innesto.”
I quattro petali rossi e macchiettati di nero circondano un piccolo contenitore chiamato “capsula”. E’ qui che a maturazione sono contenuti i piccoli semi neri che siamo soliti usare in cucina per insaporire piatti dolci e salati. Un fiore semplice di una bellezza delicata e passeggera, dipinto di un rosso carico di sensualità in grado di attrarre anche chi non è solito soffermarsi ad osservare la natura e le sue scenografie. In effetti è proprio questa la funzione del rosso del papavero: attrarre gli insetti per l’impollinazione perché i fiori, privi di nettare, senza lo stratagemma del colore non risulterebbero egualmente attraenti e la pianta non potrebbe riprodursi.
A parte l’inconfondibile fiore rosso, ecco alcune informazioni per tentare di riconoscere questa pianta prima della fioritura. Per chi non la conosce forse non sarà facilissimo, ma sappiate che le foglie, oltre ad essere pelose, arrotondate e profondamente incise, si dispongono a formare quelle che in botanica si chiama “rosetta”, come il tarassaco per intendersi.
Il papavero è profondamente legato all’ambiente di campo, in particolare è comune nei campi di cereali, soprattutto quando non sono eccessivamente trattati con sostanze chimiche. E’ comune anche ai margini delle strade.
Le foglie hanno un vago sapore di nocciola e vanno raccolte all’inizio della primavera, quando la pianta è ancora giovane e priva di fiori. Esse sono ottime sia crude che cotte; per via dei peli, se consumate crude in insalata, vi consiglio di affettarle abbastanza finemente. La parte che io prediligo in cucina è il fiore. I petali possono decorare qualsiasi pietanza; tra l’altro sono un ottimo stratagemma per invogliare i bambini a mangiare un piatto quando fanno i capricci:) Ogni anno metto via 1 o 2 litri di sciroppo di petali di papavero che, oltre ad essere buono e divertente da usare in cucina, è utile per calmare la tosse.
I petali presentano proprietà calmanti e leggermente narcotiche, quindi possono essere usati sotto forma di infuso o sciroppo come blando sedativo adatto a contrastare insonnia e tosse persistente. Lo stesso utilizzo possono averlo le capsule, raccolte a completa maturazione quando sono quasi secche. In questo caso le dosi sono di 8-10 capsule per litro d’acqua: portate l’acqua a bollore e poi versate le capsule lasciandole cuocere per una decina di minuti; addolcite con miele e assumete 3 o 4 cucchiai al giorno di questo decotto.
Una leggenda narra che Tarquinio il Superbo, settimo e ultimo re di Roma, non sapendo come sedare le rivolte dei cittadini e i nobili della città di Gabes appena conquistata, si rivolse al padre per chiedere aiuto. Il padre lo condusse in un campo pieno di papaveri bianchi e con un colpo di spada tranciò di netto tutti i fiori. Tarquinio, colta la metafora del padre, nei giorni a seguire fece decapitare tutti i nobili della città. Come conseguenza del sangue versato e come ricordo dell'orribile strage, i papaveri si colorarono di rosso.